Livio Senigalliesi
Photoreporter

Storie di migranti

Inchiesta

Di Livio Senigalliesi

Con più di 2,5 milioni di persone (su 22 milioni di abitanti) costrette a fuggire all’estero, i siriani sono la popolazione di profughi più grande al mondo.
Più di un milione sono in Libano, sono 584mila in Giordania, 634mila in Turchia, 227mila in Iraq e 135mila in Egitto, ma bisogna calcolare anche i 6,5 milioni di profughi interni, cioè i siriani costretti a lasciare la propria casa ma rimasti nei confini del Paese.
Una vera catastrofe umanitaria che entra nel quarto anno di guerra senza che la comunità internazionale abbia dimostrato solidarietà o indignazione.
Il massacro continua e questa è una delle tante storie umane che vi voglio raccontare.

Jihan, 34 anni, è fuggita dalla Siria con suo marito A.e due figli. Vengono da Aleppo e la fuga dalla città in rovine è stata tragica.
Hanno perso tutto e si sentono disperati, sradicati.
Non comprendono perché in tanti posti di guerra i profughi siano assistiti e per loro con ci sono né operazioni di peace keeping né aiuti umanitari.
Per andarsene ci vogliono soldi e ce la fa solo chi è benestante e può permettersi questa “roulette russa” pagando trafficanti che ti portano fuori dall’inferno.
Per gli altri non rimane che pregare Allah e cercare di sopravvivere un giorno dopo l’altro. I civili sono vittime innocenti ed impotenti, chiusi nella tenaglia dei gruppi armati che si contendono una città ed un Paese ridotto in macerie.

Come molti siriani sono arrivati in Europa dopo un pericoloso viaggio attraverso la Turchia e la Grecia.
La loro meta è la Danimarca ma gli ostacoli da superare sono ancora molti.
Jihan ricorda tra le lacrime i momenti più tragici dell’esodo e spesso ha pensato di non farcela.

“Ho pensato che avevo sottratto i miei figli al pericolo delle bombe per condurli verso altri pericoli. I trafficanti sono spietati, sono criminali, ci trattavano come bestie. Volevano solo i nostri soldi. Per attraversare il confine tra Turchia e Grecia ci hanno caricato su un peschereccio. Eravamo in troppi e quasi la barca affondava ancora prima di partire”.

Dopo 45 ore di mare in burrasca, approdano sull’isola di Milos. Non trovano nessuna assistenza, né cibo né abiti asciutti. Era solo un punto di transito verso Atene.

“Arrivati ad Atene i trafficanti ci hanno mollato in mezzo alla strada e poco dopo siamo stati fermati dalla polizia. Quattro giorni di prigione che non dimenticherò mai!”.

Poi mio marito A.riesce a parlare con funzionari dell’UNHCR e chiede asilo politico alla Danimarca. La famiglia viene divisa.
A. prosegue il viaggio da solo nella speranza di arrivare a destinazione e chiedere il ricongiungimento per moglie e figli.

Jihan e i bambini vengono portati in un campo profughi a 40 chilometri dalla capitale dove inizia una lunga e triste vita da esiliato in una terra ostile.

“I greci ci odiano. Qui siamo considerati un peso, non capiscono la nostra situazione. Noi non vogliamo restare in Grecia, qui non c’è futuro. Le autorità non aiutano nessuno, nemmeno chi sta morendo di cancro. Siamo intrappolati qui, non possiamo andare né avanti né tornare indietro. Mi rimane solo la speranza che un giorno arrivino i documenti per raggiungere A. in Danimarca”.

Una volta Jihan conduceva una vita felice ed agiata nella bella Aleppo.

“La guerra ci ha allontanati dal nostro Paese e l’Europa, con le sue strane leggi, ci ha separati. Non posso vivere senza mio marito. Lo conosco da quando avevo 12 anni. Siamo fuggiti dalla Siria sperando in una vita migliore e trovare conforto e comprensione in Europa”.

Jihan stringe al petto i suoi due figli e si avvia verso la tenda che è diventata la loro casa.

“Sono sconvolta da tutto quello che è successo in questi anni di guerra, ma la cosa che mi fa più rabbia è l’incomprensione e l’indifferenza del mondo”.

La Convenzione di Ginevra del 1951 stabilisce che si deve considerare rifugiato politico chiunque, per causa e nel giustificato timore di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dal suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi.

Per ulteriori informazioni si rimanda al Rapporto sulla protezione internazionale o a vari siti web come Fondazione Migrantes, UNHCR, Caritas Italiana, IOM.

Questa selezione di immagini è tratta da materiale d’archivio prodotto dal 1991 fino ai giorni nostri.
Ringrazio per la collaborazione UNHCR, IOM, MSF, ADL-Brescia e CIAC Onlus Parma.
Questo importante materiale documentativo fa parte di una mostra itinerante destinata ad ampliare la conoscenza e la sensibilità per questi temi nelle scuole e nei dibattiti pubblici.

Segnalo un interessante intervento di Bernard Henry-Levy su profughi disinformazione e diritti umani: http://www.corriere.it/esteri/15_agosto_26/profughi-europa-tanta-disinformazione-pochi-diritti-816f2e32-4bb3-11e5-b0ec-4048f87abc66.shtml

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